martedì 22 giugno 2010

mercoledì 16 giugno 2010

Sono (quasi) ateo, ma ho visto un miracolo a Medjugorje



Non posso fare a meno di condividere con voi questo articolo che ho letto tutto d'un fiato e che posto in parte, ma che potete leggere integralmente cliccando su (continua). Non ho mai avvertito la necessità di andare a Medjugorje, come invece avverto il richiamo di Lourdes, ma certi avvenimenti, a dir poco, sconvolgono.


di Gianluca Bertani


Caro Direttore,
sono un avvocato milanese di 42 anni e Vi scrivo per testimoniare la mia recentissima esperienza durante un pellegrinaggio a Medjugorje. Dopo anni di studi in istituti privati religiosi, dai quali non mi è rimasto praticamente nulla a livello «spirituale», ho vissuto tutta la vita da cattolico non praticante: dicevo di credere in Dio solo perché sono nato in Italia, mi hanno battezzato, ho fatto la comunione e la cresima. Nulla di più.
Le parole delle preghiere, della bibbia, dei vangeli sono sempre state per me solo parole, ma non ho mai sentito nulla dentro di me. Anzi, qualcosa sentivo: un grandissimo vuoto, che i beni materiali che il mio lavoro mi ha permesso di avere non hanno mai colmato.
Poi, nell’estate dello scorso anno è stata diagnosticata a mia madre una brutta malattia degenerativa, che ha aumentato ancora di più la mia sofferenza interiore.
Finalmente, a maggio di quest’anno mia madre mi ha casualmente raccontato di avere programmato un pellegrinaggio a Medjugorje (di cui non sapevo assolutamente nulla, se non che era un luogo «tipo Lourdes») e mi ha poi chiesto se «per caso» non avessi il desiderio di andare con lei: credo sia stata una domanda di circostanza, alla quale era convinta io avrei rifiutato. Con sua enorme sorpresa, ho invece accettato, non so nemmeno io perché, so solo che «sentivo» di dover andare.
In seguito, quando sono giunto a Medjugorje, ho sentito dire che è la Madonna a «chiamarti» quando è arrivato il tuo momento: ebbene, credo che nel mio caso sia stato proprio così.
Ogni mattina sveglia all’alba, alle 6 colazione, per poi «partire» secondo un programma di gruppo che mi trovava molto restio ad accettare, essendo io estremamente individualista e convinto di poter fare sempre tutto da solo, senza mai chiedere aiuto a nessuno. Così all’inizio me ne stavo in disparte, a osservare, anche perché dopo tanti anni di istituti religiosi non mi ricordavo più nemmeno le parole del padre nostro o dell’ave maria e mi vergognavo a farlo vedere.
Senza nemmeno accorgermene, a poco a poco mi sono avvicinato sempre di più al gruppo e ho cominciato anch’io a pregare: non a pronunciare le parole delle preghiere, come avevo sempre fatto in modo automatico, senza pensare, in quelle rare occasioni in cui andavo in Chiesa (ad esempio per la Messa di Natale), ma a pregare veramente.
Ho cominciato a sentire come una pietra, o un groviglio di nodi, dentro di me, che a poco a poco si scioglieva. E man mano che si scioglieva, ho incominciato a piangere. E così ho continuato per tutta la durata del soggiorno. Poi... Il primo giugno, il giorno prima di partire, alle ore 7.15 circa passavo insieme a mia madre e una sua amica davanti alla chiesa dove era in corso la messa. Nel piazzale davanti alla chiesa si era riunita una cinquantina di persone e tutti stavano guardando in direzione del sole con espressioni a dir poco stupite. Mosso dalla curiosità, mi sono girato verso il sole e ho assistito ad un fenomeno per me incredibile.
All’inizio sono rimasto abbagliato, poi i miei occhi si sono abituati alla luce e ho potuto fissare il sole per una decina di minuti. Durante questo lasso di tempo, il sole pulsava come un cuore venendo verso di noi e poi ritraendosi, avvicinandosi e poi allontanandosi sempre pulsando. Il sole era accerchiato da un anello luminoso, che girava vorticosamente prima a destra e poi a sinistra e che sembrava cambiare colore, prima di colore rosso fuoco e poi giallo-oro.
(continua)

da Il giornale di oggi

domenica 13 giugno 2010

Il caffè



Fabrizio Bruzzone  -olio e tecnica mista-
 



Il caffè mi piace molto. Gli voglio dedicare qualche riga perchè esercita su di me un grande fascino. Bevo il tè solo quando sono ammalata. 
Il guaio è che mi piacciono anche tutte le cose che al caffè sono correlate e durante la mia vita ho collezionato una lunga serie di caffettiere, tazzine e macinini. Ogni tanto mi dico che le tazzine sono troppe, devo liberarmene, fare qualche regalo, ma non riesco a staccarmene.
Ora ho almeno raggiunto la capacità di non comperarne più: le ultime sono state due tazzine di vetro che ho trovato in un mercatino di modernariato perchè erano uguali a quelle che aveva la mia mamma quando ero bambina ed erano i primi oggetti regalati con i punti di un detersivo.
Il mio amore per il caffè è atavico. Ricordo che la mia nonna aveva sempre il pentolino colmo di caffè sulla stufa a legna e me lo serviva in una tazza abbastanza grande con lo zucchero e un pezzetto di burro che, sciogliendosi, formava gli "occhi" sulla superficie. Era però un caffè leggero, con la "madre" sul fondo. A me piaceva molto.
Al mio paese, sulla stufa a legna di tutte le famiglie, era sempre in ebollizione il pentolino del caffè, pronto ad accogliere chi arrivava per una chiacchierata.
Altri tempi.

 

sabato 5 giugno 2010

Lauda Sion Salvatorem


Per la festa del Corpus Domini: una delle più belle che ricordano l'infanzia di molti di noi quando, armati di un cestino colmo di fiori, correvamo alla Chiesa per la bella Processione Eucaristica che si snodava lungo le vie fra le case addobbate di fiori e lenzuola ricamate ai balconi. E ora? Se ne ricorda ancora qualcuno? La processione c'è sempre.



 



 



mercoledì 2 giugno 2010

Australia: piovono pappagalli.




SYDNEY (Australia)


Centinaia di pappagalli apparentemente ubriachi stanno cadendo dagli alberi e dal cielo in una cittadina nel nord dell’Australia. Ed è grande lo sconcerto tra i veterinari che, cercando di curarli, non capiscono cosa stia accadendo.

«Sembrano proprio ubriachi. Cadono dagli alberi e non sono così coordinati come al solito: cercano di saltare ma non ce la fanno a raggiungere il ramo successivo», racconta Lisa Hansen, un chirurgo all’ospedale veterinario Ark Animal Hospital, a Palmerston, vicino Darwin. Lo strano fenomeno accade ogni anno nella località, situata nello stato australiano del Territorio del Nord, ma quest’anno è in proporzioni assolutamente eccezionali. È ancora buio fitto sulle cause dei sintomi: gli esperti non hanno ancora capito se si tratti di un misterioso virus oppure qualche alimento che altera le sue funzioni motrici.

L’ospedale veterinario ha curato fino trenta pappagalli «ebbri» in una sola volta: i volatili vengono messi nelle gabbie dove rimangono a lungo immobili come se stessero recuperando da una sbornia; per contrastare i sintomi, viene loro somministrato un porridge dolciastro con frutta fresca. A volte occorrono giorni di «terapia intensiva» prima che siano in grado di volare di nuovo.


Questa notizia che ho letto su la Stampa di oggi mi ha fatto sorridere. Mentre sono in corso le indagini dobbiamo soltanto ringraziare che nessuno abbia mai dato loro la patente di guida.
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